Il limite di ricavi/compensi per l'accesso al regime passa a 85mila euro
La Legge di Bilancio 2023, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 303 del 29 dicembre 2022 (Supplemento ordinario n. 43), interviene sulla disciplina del regime forfettario per i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, introdotta dalla legge di stabilità 2015, modificando uno dei requisiti di accesso e permanenza, ovvero quello relativo al limite di ricavi conseguiti o compensi percepiti nell’anno precedente.
Tale importo è stato innalzato a 85mila euro, 20mila euro in più rispetto al precedente tetto adottato dalla Legge di Bilancio 2019.
La nuova soglia vale a partire dal periodo d’imposta 2023. Di conseguenza, quest’anno applicano il regime forfettario i contribuenti che nel 2022 non hanno superato quell’ammontare di ricavi/compensi, tenendo presente che, in caso di esercizio di più attività contraddistinte da codici ATECO differenti, occorre considerare la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.
Va precisato che l’innalzamento del limite a 85mila euro è subordinato al rilascio di una deroga da parte delle autorità dell’Ue, in quanto la direttiva 2020/285 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto prevede che gli Stati membri possono ammettere al regime di franchigia IVA (riconosciuto alle piccole imprese) i soggetti con volume di ricavi/compensi non superiore a 85mila euro soltanto a partire dal 1° gennaio 2025. La richiesta, al vaglio delle competenti autorità europee, è stata presentata il 4 novembre scorso.
Per applicare le regole del forfettario non va esercitata alcuna opzione e non occorre presentare alcuna comunicazione, preventiva o successiva.
Possono avvalersene anche i contribuenti che intraprendono l’esercizio di imprese, arti o professioni, comunicando nella dichiarazione di inizio attività di presumere la sussistenza dei requisiti.
Ne sono invece esclusi:
I contribuenti forfettari calcolano il reddito imponibile in maniera semplificata, applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti e dei compensi percepiti lo specifico coefficiente di redditività previsto per l’attività esercitata. Dal risultato ottenuto si possono dedurre i soli contributi previdenziali obbligatori, inclusi quelli per i collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico ovvero, se non fiscalmente a carico, se il titolare non ha esercitato il diritto di rivalsa.
L’imponibile netto va tassato al 15%, applicando un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali regionale e comunale e dell’IRAP, da versare con le medesime modalità e alle medesime scadenze dell’IRPEF, cioè con il modello F24 e suddivisa in due acconti e un saldo. Nel caso di impresa familiare, l’imposta sostitutiva è applicata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai suoi familiari ed è dovuta dall’imprenditore.
Per chi avvia un’attività ed è in possesso di altri determinati requisiti, il reddito, per il periodo d’imposta in cui si inizia l’attività e per i successivi quattro, è assoggettato all’aliquota ridotta del 5%, se:
I ricavi e i compensi dei contribuenti in regime forfettario non devono essere assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta. A tale fine, l’interessato deve produrre a quest’ultimo un’apposita dichiarazione da cui risulta che il reddito cui si riferiscono gli importi percepiti è soggetto a imposta sostitutiva.
A loro volta, i contribuenti forfettari non sono tenuti a operare le ritenute alla fonte sulle somme che corrispondono, a meno che non si tratti di redditi di lavoro dipendente e assimilati. Devono però indicare, nella dichiarazione dei redditi, il codice fiscale dei soggetti ai quali hanno pagato emolumenti senza effettuare ritenute nonché l’ammontare degli importi erogati.
Sono altresì numerosi gli effetti IVA derivanti dall’adesione al regime forfettario.
I contribuenti infatti:
I contribuenti in possesso dei requisiti per accedere al forfettario possono comunque scegliere di applicare l’IVA e le imposte sui redditi nei modi ordinari. L’opzione deve essere comunicata con la prima dichiarazione annuale ed è vincolante per un triennio, trascorso il quale resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la sua concreta applicazione.
Per quanto riguarda, invece, la fuoriuscita obbligatoria dal regime, fino allo scorso anno, era prevista cessazione a partire dall’anno successivo a quello in cui veniva meno uno dei requisiti di accesso o si verificava una causa di esclusione. Ora, modificato il comma 71, articolo 1 della legge 190/2014, il superamento della soglia di 100mila euro di ricavi/compensi comporta l’immediata uscita dal regime forfettario, con conseguente obbligo di versare l’imposta sul valore aggiunto sin dalle operazioni che determinano il superamento di quel limite; inoltre, il reddito andrà determinato con le modalità ordinarie per l’intera annualità e assoggettato a Irpef e relative addizionali, non più all’imposta sostitutiva.
La previsione della cessazione del regime dall’anno successivo resta soltanto per chi eccede la nuova soglia degli 85mila euro di ricavi o compensi, ma non va oltre i 100mila euro.
Pertanto, in sintesi, dal 2023 sono tre i possibili scenari:
Fonte: fiscooggi.it
Credito d’imposta per gli investitori incapienti
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