Chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate, con risposta n. 422/23, recante oggetto “Definizione agevolata delle liti pendenti – Atti oggetto delle controversie definibili e ricadute dichiarative – Articolo 1, comma 186, legge 29 dicembre 2022, n. 197”, fornisce la soluzione per il caso di adesione alla definizione delle liti pendenti per atti relativi a recupero del credito IVA utilizzato indebitamente in compensazione.
In particolare, l’Agenzia precisa che, laddove il contribuente intenda "rigenerare" il credito IVA, da recuperare successivamente in detrazione nella prima liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale, dovrà procedere al pagamento dell'imposta indicata nell'atto di recupero e rinunciare alla lite con riferimento all'imposta medesima.
Il caso
L’istante ha ricevuto un atto con cui l’Agenzia delle Entrate ha recuperato il credito d’imposta indebitamente utilizzato in compensazione nel 2020 perché superiore al limite ammissibile. La società ha impugnato l’atto di recupero depositando il ricorso in Commissione tributaria e intende risolvere la controversia con il Fisco attraverso la definizione agevolata delle “liti tributarie pendenti” al 1° gennaio 2023, prevista dall'articolo 1, commi da 186 a 205, della legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023).
La società si domanda se:
La risposta dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia richiama, Innanzitutto, il quadro normativo di riferimento ossia la legge di bilancio 2023 che ha introdotto la “tregua fiscale” per la quale possono essere definite con il pagamento di un importo pari al valore della controversia le liti tributarie in cui è parte l'Agenzia delle Entrate o l'Agenzia delle Dogane, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della legge.
Nel caso trattato, il rifermento è alla definizione in via agevolata delle controversie tributarie che hanno per oggetto atti di recupero crediti d'imposta indebitamente utilizzati; sul punto la circolare n. 2/E del 27 gennaio 2023 ha chiarito che “possono essere definite non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi”. Dunque, anche gli atti di recupero dei crediti d'imposta indebitamente utilizzati possono rientrare nella suddetta “tregua fiscale”.
Al contrario di quanto ritenuto dalla società, il versamento delle somme dovute per l’adesione alla “tregua fiscale” ha il solo fine di definire la controversia instaurata con il Fisco.
Perciò, nel caso in cui la società abbia intenzione di “rigenerare” il credito IVA da recuperare successivamente in detrazione nella prima liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale, dovrà procedere al pagamento dell’imposta indicata nell’atto di recupero e rinunciare alla lite con riferimento all’imposta medesima.
La controversia, una volta ridotta alle sole sanzioni collegate al tributo e agli interessi potrà essere definita ai sensi del comma 191 dello stesso articolo 1, mediante la sola presentazione della domanda.
Nel caso analizzato dall'Agenzia delle Entrate, se la società decide di rigenerare il credito IVA con queste modalità, potrà poi riportare nel rigo VL40 della propria dichiarazione IVA/2024 per il periodo d’imposta 2023 l’importo versato corrispondente a quanto recuperato con l’atto.
Credito d’imposta per gli investitori incapienti
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