Si applica l'1% di imposta di registro
L’Agenzia delle Entrate, nella risposta a interpello n 413 del 16 giugno, chiarisce che il contratto con cui due coniugi mettono in comunione tra loro i beni immobili di proprietà di ciascuno di uguale valore al fine di trasmetterne metà a un figlio e metà all'altro, per il tempo in cui avranno cessato di vivere, ha natura dichiarativa e pertanto sconta l'imposta di registro nella misura dell'1%, ai sensi dell'art. 3 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86.
Il contratto di costituzione di comunione, che i coniugi intendono stipulare, conferendo i rispettivi compendi immobiliari di uguale valore e divenendo titolari di una quota ideale della massa comune, è espressione della autonomia negoziale delle parti, ai sensi dell'articolo 1322 del codice civile, che dispone “le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico”.
Con il contratto di comunione in esame, afferma l’Agenzia delle Entrate, ciascun coniuge, comunista/conferente, diverrebbe titolare - a fronte delle due diverse proprietà conferite all'unica massa - di una quota della nuova comproprietà di valore esattamente corrispondente al valore della proprietà esclusiva pre-posseduta.
La costituzione della suddetta comunione produce effetti analoghi, seppur opposti, a quelli dell'atto di divisione della comunione.
Come affermato dalla Corte di Cassazione, in relazione al contratto di scioglimento della comunione, “nel campo del diritto tributario è stata, infatti, pacificamente accolta la nozione di divisione come atto avente natura dichiarativa, Pagina 3 di 4 purché le porzioni concretamente assegnate ai condividenti, quote di fatto, corrispondano alle quote di diritto, cioè a quelle quote che spettano ai partecipanti, sui beni della massa, in ragione dei diritti che essi vantano" (cfr. Cass. Sentenza n. 7606 del 2018; Cass. Ordinanza n. 11924 del 2021).
Pertanto, chiarisce l’Agenzia, anche l'atto di messa in comunione, avendo effetti pari, ma di direzione opposta a quelli del contratto di divisione, derivando dal costituirsi, a mezzo della stessa, una comunione con quote soggettive speculari a quelle proprie dei beni preposseduti, ha natura dichiarativa.
Nella fattispecie in esame, secondo quanto affermato dall'istante, il notaio incaricato della stipula di un atto di messa in comunione di beni immobili, due coniugi intendono disporre, per il tempo in cui avranno cessato di vivere, dei propri beni in favore dei due figli in modo che:
I valori dei due compendi di beni si equivalgono.
I coniugi intendono procedere al perfezionamento di atto di messa in comunione dei beni di proprietà di ciascun coniuge, al fine di diventare comproprietari, in parti uguali, dei beni messi in comunione (compendio A + compendio B).
Fatto ciò, il padre potrebbe assegnare, mediante testamento, la metà del compendio (ex) A a un figlio e la metà del compendio (ex) B all'altro figlio, così come potrebbe fare la madre con testamento di identico tenore. In tal modo, né uno né l'altro figlio potrebbero impugnare il testamento poiché non verrebbero lesi nella quota di legittima e si raggiungerebbe il risultato auspicato dai genitori.
L’Agenzia delle Entrate concorda con la soluzione dell'istante in quanto la quota di fatto in termini di valore economico corrisponde alla quota di diritto, nel senso che i valori dei due compendi di beni riuniti si equivalgono e che i coniugi assumono la contitolarità, in parti uguali, della massa comune.
Pertanto, in ordine alla natura dichiarativa del contratto costitutivo della comunione e del conseguente trattamento fiscale, si concorda con applicazione dell'imposta di registro nella misura del 1 per cento, ai sensi dell'articolo 3 della Tariffa, Parte Prima, allegata al TUR.
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