L’ultima posizione dell’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 42
Con la risposta n. 42 del 18 gennaio 2021, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito l’ambito di applicazione del regime speciale per lavoratori impatriati, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015, in caso di rientro a seguito di distacco all’estero.
Ricordiamo che l’art. 16 del DLgs. 147/2015 non tratta esplicitamente la posizione dei lavoratori distaccati, a differenza del previgente regime di cui all’art. 3, comma 4 della L. 238/2010 che, invece, ne precludeva l’applicazione.
In una prima fase, l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 17/2017) aveva ritenuto che i lavoratori rientrati in Italia a seguito di distacco all’estero non potessero godere del beneficio “in quanto il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro, si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia”.
Tale interpretazione restrittiva è stata poi superata dalla stessa Agenzia con la risoluzione n. 76/2018 individuando casi esemplificativi ritenuti idonei a provare che il rientro in Italia post distacco fosse in linea con la vis attrattiva della norma e, di conseguenza, agevolabile.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il beneficio sarebbe applicabile nel caso in cui il contratto di distacco sia stato più volte prorogato e abbia avuto una durata nel tempo sufficientemente lunga da ritenere che il lavoratore si sia effettivamente radicato all’estero o nel caso in cui, al rientro in Italia, il dipendente assuma un ruolo aziendale differente, non in continuità con quello prima del distacco, conseguentemente alle maggiori competenze acquisite all’estero. Questa posizione dell’Agenzia è stata confermata più volte negli anni successivi.
In sostanza, quindi, per la risoluzione n. 76/2018, l’accesso al regime restava precluso per quei lavoratori che rientravano in Italia per mera scadenza del periodo di distacco, mentre, in presenza di distacchi duraturi e “qualificanti”, il beneficio risultava applicabile.
Successivamente, con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, l’Agenzia ritorna a una posizione più restrittiva dell’applicabilità del regime degli impatriati.
Il beneficio spetterebbe solo se il lavoratore sottoscrivesse, al rientro, un nuovo contratto di lavoro, per una nuova posizione in azienda. Tuttavia, anche a fronte della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, l’accesso al regime rimarrebbe precluso laddove, indipendentemente dal ruolo aziendale, al nuovo contratto continuanuassero ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali. Secondo l’Agenzia, questi elementi rappresenterebbero una sorta di “continuità” e pertanto non in linea con la vis attrattiva della norma.
Infine, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 42, pubblicata il 18 gennaio 2021 conferma la propria linea restrittiva, richiamando il testo della circolare n. 33/E:
“Non spetta il beneficio fiscale in esame nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro. Diversamente, nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato costituisca una “nuova” attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia. Al riguardo, si precisa che l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un “nuovo” contratto per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio”.
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