Altro chiarimento dell’Agenzia delle Entrate in merito a impatriati e smart working
Il regime fiscale sugli impatriati non si estende ai redditi erogati al dipendente straniero assunto da una multinazionale italiana che per la maggior parte del periodo di imposta ha svolto la prestazione lavorativa in smart working nella nazione di origine.
Tali redditi, infatti, non possono essere considerati prodotti in Italia.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta ad interpello n. 621/E del 23 settembre 2021, pertanto, non risulta soddisfatta la condizione di accesso all’agevolazione secondo cui l’attività lavorativa deve essere svolta prevalentemente nel territorio dello Stato.
Nella fattispecie, l’istante ha chiesto se per il lavoratore estero dipendente della sua società che nel corso del 2020 ha lavorato in remoto all’estero più di 184 giorni, il reddito relativo ai giorni di lavoro svolti nei Paesi Bassi si possa considerare reddito prodotto in Italia, circostanza che consentirebbe la fruizione dell’agevolazione nonostante il mancato rispetto del requisito della prevalenza dell’attività svolta in Italia.
È stato chiesto, inoltre, nel caso in cui il reddito fosse imponibile nel Paese estero, se il dipendente, effettivamente residente in Italia in base all’art. 2 del TUIR, possa fruire del credito per le imposte estere, anche in caso di applicazione del regime degli impatriati.
L’Agenzia delle Entrate ricorda che la disciplina sui lavoratori impatriati che prevede una tassazione di favore per i redditi dei professionisti che rientrano in Italia (articolo 16 del Dlgs n. 147/2015), è applicabile quando sussistono due presupposti:
Per i contribuenti che si trovano in tali condizioni, nel periodo d’imposta in cui la residenza viene trasferita e nei successivi quattro periodi d’imposta, il reddito di lavoro dipendente (o a esso assimilato) e di lavoro autonomo prodotto in Italia concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% dell’ammontare ovvero al 10% se la residenza è presa in una delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.
I benefici si applicano per altri cinque periodi d’imposta ai lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico e a quelli che diventano proprietari di almeno un’unità immobiliare residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti.
Per il periodo di prolungamento, i redditi agevolati concorrono alla formazione dell’imponibile per il 50% del loro ammontare ovvero per il 10% in caso di lavoratori con almeno tre figli minorenni o a carico.
Ai fini del requisito dell’attività lavorativa è necessario che:
Una volta fatta questa premessa, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che per “luogo di prestazione” dell’attività lavorativa, nel particolare caso dello smart working, rileva il luogo dove il lavoratore dipendente è fisicamente presente quando esercita le attività per cui è remunerato.
Nel caso preso in esame, dunque, considerato che i redditi non sono stati prodotti nel territorio dello Stato e che per il periodo di imposta 2020 il lavoro è stato svolto prevalentemente all’estero, i redditi del dipendente non potranno beneficiare dello sconto previsto dal regime sugli impatriati.
L’Agenzia precisa infine che, se il reddito in esame derivante dall’attività di lavoro dipendente prestato in Olanda si deve assoggettare a imposizione in tale Paese in base alla Convenzione contro le doppie imposizioni, il contribuente, considerato fiscalmente residente in Italia secondo le previsioni dell’articolo 2 del Tuir, potrà beneficiare del credito per le imposte estere nei limiti e alle condizioni previste nell’articolo 165 del Tuir.
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