Legittima, ma confutabile
È lecita la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili ai soci di società di capitali a ristretta base, salvo che i soci dimostrino che tali ricavi siano stati accantonati o reinvestiti dalla società. Così ha stabilito la Suprema Corte con l’ordinanza n. 26032 del 4 ottobre 2024, confermando la posizione dell’Amministrazione finanziaria e rigettando il ricorso del contribuente.
Il principio della presunzione e i margini di prova per il contribuente
Nel caso in esame, un socio al 50% di una società a ristretta base, sottoposto a un accertamento dell’Agenzia delle Entrate, ha contestato l’attribuzione pro quota degli utili extracontabili accertati, richiamando la presunzione d’imputazione degli stessi ai soci in base agli articoli 2727 e 2729 c.c. e all’articolo 38 del DPR 600/1973. La Cassazione ha però rigettato tale linea difensiva, precisando che, per confutare la presunzione, il contribuente deve dimostrare in modo rigoroso e concreto che gli utili in questione siano stati destinati ad altre finalità aziendali, come l’accantonamento o il reinvestimento.
Il caso: dai giudici di primo grado alla Suprema Corte
Il socio, avverso l’avviso di accertamento che attribuiva ai soci i maggiori redditi rilevati, aveva ottenuto una pronuncia favorevole in primo grado. Tuttavia, il giudizio di secondo grado ha ribaltato la decisione iniziale, avallando l'operato dell’Agenzia delle Entrate. In Cassazione, il contribuente ha invocato l’onere probatorio che, a suo avviso, doveva gravare sull’Amministrazione. La Corte, richiamando proprie precedenti sentenze (Cass. 24820/2021, Cass. 27049/2019), ha rigettato il ricorso, sottolineando che la ristrettezza della base sociale giustifica una presunzione di distribuzione interna, basata sul vincolo di fiducia e reciprocità tra i soci, il quale rende plausibile la ripartizione degli utili extracontabili.
Prova contraria e conclusioni della Corte
I giudici hanno chiarito che non è sufficiente ad escludere la presunzione una semplice affermazione di perdite contabili, ma occorre una prova documentata e precisa di una diversa destinazione dei ricavi extracontabili. Con questa ordinanza, la Cassazione ribadisce che la presunzione di distribuzione ai soci non infrange il divieto di presunzioni di secondo grado, poiché fondata su elementi caratteristici della ristretta base sociale, rigettando così definitivamente il ricorso del contribuente e condannandolo al pagamento delle spese di giudizio.
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