Due anni accademici non corrispondono a due periodi di imposta
Nell'interpello n. 533 del 6 novembre 2020, l’Agenzia delle Entrata dà risposta negativa a un contribuente che chiedeva l'applicazione del regime agevolato per lavoratori impatriati (art.16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147).
Il contribuente affermava di poter usufruire dell'agevolazione per aver frequentato un master biennale all'estero in un paese in cui vige una Convenzione contro le doppia imposizione fiscale, requisito che ammette all’agevolazione anche in assenza dell’iscrizione all'AIRE, necessaria per dimostrare la permanenza all'estero prima del rientro in Italia.
La norma, ricordiamo, prevede uno sgravio fiscale del 50% per i cittadini dell'Unione Europea o di uno Stato extra UE con il quale sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni, che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia e che siano in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto continuativamente un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più o che abbiano svolto continuativamente un'attività di studio fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
L'Agenzia delle Entrate richiama la circolare n. 17/E del 2017 in cui si affermava che “relativamente all'attività di studio, tale requisito è soddisfatto a condizione che il soggetto consegua la laurea o altro titolo accademico post lauream aventi la durata di almeno due anni accademici”. Inoltre “il requisito dello svolgimento dell’attività di lavoro o studio all’estero in modo continuativo negli ultimi ventiquattro mesi, non deve necessariamente far riferimento all’attività svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l’interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi. Infine, relativamente all’attività di studio, tale requisito è soddisfatto a condizione che il soggetto consegua la laurea o altro titolo accademico post lauream aventi la durata di almeno due anni accademici”.
L'Agenzia delle Entrate ricorda anche che nella risoluzione n. 51/E del 7 luglio 2018 è stato chiarito che “per accedere al regime speciale per i lavoratori impatriati, la norma presuppone che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio. A tal fine, si osserva che l’art. 16 del d.lgs n. 147 del 2015 non indica espressamente, per i soggetti di cui al comma 2, un periodo minimo di residenza estera, come, invece, previsto per i soggetti di cui al comma 1 del medesimo art. 16 (permanenza all’estero per i cinque periodi di imposta precedenti al trasferimento in Italia)”.
L’Agenzia conclude che “considerato, tuttavia, che il citato comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all'estero di due anni, si ritiene che per tali soggetti la residenza all'estero per almeno due periodi d'imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l'accesso al regime agevolativo, anche in assenza di iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE).”
“Nel caso di specie, in cui l'Istante dichiara di non essere in possesso del requisito della residenza all'estero, ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni per due periodi di imposta precedenti il rimpatrio, ma soltanto per due anni "accademici", non è integrato il requisito della residenza all'estero e, pertanto, è precluso l'accesso al regime”.
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