Trattamento fiscale del legato di genere
Con la circolare n. 19/E del 6 luglio 2023, recante oggetto, “Imposta sulle successioni e donazioni - Articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 - Trattamento fiscale del legato di genere”, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti circa il trattamento fiscale del legato di genere, che più frequentemente si sostanzia in una somma di denaro (legati pecuniari) disposto dal testatore a carico di uno o più eredi.
Di solito il legato è dato per testamento e attribuisce al legatario (onorato) un diritto di credito nei confronti di un erede o di un altro legatario (onerato) il quale è tenuto ad adempiere prestando beni corrispondenti per qualità e quantità alle indicazioni del testatore.
Nella circolare, l’Agenzia analizza i vari tipi di legato e la rilevanza dal punto di vista fiscale.
Affronta, dunque, la distinzione tra:
Viene, inoltre, analizzato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità civilistica sulla differenza tra legato di genere e legato di specie: la suprema Corte ha chiarito che il legato di cose generiche ha a oggetto “non un bene o un diritto specificamente determinati ma una cosa presa in considerazione per la sua appartenenza ad un genus ed individuabile successivamente” (cfr Cassazione, pronuncia n. 7082/1995) e che un tipico legato di genere è il legato pecuniario. Con riferimento a quest’ultimo, occorre, tuttavia, distinguere il caso in cui la disposizione testamentaria concerna le somme risultanti a credito su un conto corrente bancario al momento della morte del testatore, situazione che configura un legato di specie, rispetto a quella in cui il legato non faccia riferimento a un conto specifico, trattandosi in tal caso di un vero e proprio legato di genere (cfr Cassazione, pronuncia n. 15661/2020).
Per quanto concerne il piano normativo fiscale, l’articolo 8 (rubricato “Base imponibile”) del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni (Tus) prevede, al comma 1, che “il valore globale netto dell’asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell’apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l’attivo ereditario … e l’ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell’art. 46, comma 3» e, al comma 3, che «Il valore dell’eredità o delle quote ereditarie è determinato al netto dei legati e degli altri oneri che le gravano (…)”.
L'articolo 36, inoltre, prevede, al comma 1, che “gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari” e, al comma 5, che “I legatari sono obbligati al pagamento dell’imposta relativa ai rispettivi legati”.
Come si evince dalle istruzioni relative alla dichiarazione di successione, il legato di genere – in quanto debito dell’erede che non grava sul valore dell’eredità o delle quote ereditarie – non viene decurtato, a differenza del legato di specie, dal valore delle stesse.
L’Agenzia analizza, poi, la rilevanza dal punto di vista fiscale tra legato di genere e legato di specie, considerando che:
Dunque, poiché le predette modalità di tassazione del legato di genere possono risultare in violazione del principio di “giusta imposizione” e tenuto conto del fatto che l’articolo 8, comma 3, del Tus dispone espressamente che il valore dell’eredità o delle quote ereditarie è determinato “al netto dei legati”, risulta opportuno determinare l’eredità o le quote ereditarie al netto dei legati, indipendentemente dalla tipologia degli stessi, procedendo dunque, in sede di liquidazione dell’imposta di successione, a dedurre il valore del legato di genere, al pari di quello di specie, dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie.
Con ordinanza 3 novembre 2020, n. 24421, la sezione V della Cassazione, nel richiamare la sentenza 11 aprile 2011, n. 8195, ha chiarito che, a fini fiscali, il legato di genere - ancorché distinto dalle passività deducibili – deve essere escluso dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie, al pari delle altre tipologie di legato.
In particolare, secondo la Cassazione, «come si evince dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 8, comma 3, il legato, in consonanza con le proprie caratteristiche strutturali, rileva di per sé, nel senso che, per gli eredi, la base imponibile dell’imposta di successione è costituita dal valore netto dell’asse. Il valore ereditario (ivi compreso il valore della quota) è quindi determinato al netto dei legati. A tale regola non si sottrae, ha precisato la Corte, anche il legato di quantità (o di genere), che, a differenza del legato di specie, possiede effetti obbligatori, nel senso che non è immediatamente traslativo di un diritto ereditario, sebbene conferisca, in capo al legatario, un diritto di credito nei confronti dell’onerato, sicché anche il legato pecuniario, a fini fiscali, deve essere escluso dal valore dell’asse, ma va distinto dalle passività deducibili, atteso che in questa categoria sono compresi i debiti del defunto, esistenti alla data di apertura della successione, e le spese mediche e funerarie, ai sensi del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 20 e ss. (così Cass., Sez. 5, n. 8195 dell’11/04/2011).
A nulla rileva pertanto il riferimento (…) al disposto del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 9, relativo alla determinazione dell’attivo ereditario, secondo il quale “L’attivo ereditario è costituito da tutti i beni e i diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non soggetti all’imposta a norma degli artt. 2, 3, 12 e 13...”. Quest’ultima norma è infatti volta a determinare l’attivo ereditario suscettibile di valutazione ai fini fiscali, che, come sopra evidenziato, a monte, esclude i beni oggetto di legato».
Alla luce di quanto sopra esposto, l’Agenzia invita le strutture territoriali a riesaminare le eventuali controversie pendenti concernenti la materia in esame e, ove l’attività di liquidazione dell’ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi, ad abbandonare, con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio, la pretesa tributaria, sempre che non siano sostenibili altre questioni.
Nel chiedere che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, l’Agenzia sottolinea che "occorre prendere motivatamente posizione anche sulle spese di giudizio, fornendo al giudice elementi che possano giustificare la compensazione, qualora non sia stata acquisita la rinuncia del contribuente alla rifusione delle spese di lite".
Fonte: fiscooggi.it
Consulta la circolare n. 19/E del 6 luglio 2023.
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